USUCAPIONE - COMUNIONE EREDITARIA - Cass. civ. Sez. II Ord., 03-05-2018, n. 10494

USUCAPIONE - COMUNIONE EREDITARIA - Cass. civ. Sez. II Ord., 03-05-2018, n. 10494

In tema di comunione, non essendo ipotizzabile un mutamento della detenzione in possesso, né una interversione del possesso nei rapporti tra i comproprietari, ai fini della decorrenza del termine per l'usucapione è idoneo soltanto un atto (o un comportamento) il cui compimento da parte di uno dei comproprietari realizzi l'impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene e, inoltre, denoti inequivocabilmente l'intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice - Presidente -

Dott. BELLINI Ubaldo - Consigliere -

Dott. FEDERICO Guido - rel. Consigliere -

Dott. FALASCHI Milena - Consigliere -

Dott. GIANNACCARI Rossana - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16592/2013 proposto da:

F.V., P.B., P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CATTARO 28, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE COSENTINO, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato MARIA ANGELA QUATTRONE;

- ricorrenti e c/ricorrenti all'incidentale -

contro

P.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALFREDO CASELLA 43, presso lo studio dell'avvocato NICOLETTA MERCATI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato TULLIO PESCE;

- c/ricorrente e ricorrente incidentale -

avverso la sentenza n. 25/2013 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 09/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/01/2018 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 27 aprile 2002 F.V. conveniva innanzi al Tribunale della Spezia P.L., esponendo che:

- a seguito del decesso dei suoceri, nell'anno 1984, si era costituita una comunione ereditaria tra il proprio marito P.A., deceduto nell'anno (OMISSIS) e la convenuta;

- nell'asse ereditario doveva ritenersi compreso l'intero fabbricato, sito in (OMISSIS) e censito al fg. (OMISSIS) mapp. (OMISSIS), rispettivamente al piano terra ed al primo piano, sebbene l'appartamento identificato (OMISSIS) risultasse catastalmente intestato alla convenuta ed al marito Pe.Or.: pure tale immobile, secondo la prospettazione dell'attrice, faceva parte del patrimonio ereditario dei suoceri, i quali l'avevano acquistato ai sensi dell'art. 934 c.c..

Tanto premesso, l'attrice chiedeva lo scioglimento della comunione ereditaria e la divisione in lotti, corrispondenti alle quote di ciascuno dei coeredi.

P.L., costituitasi, resisteva, chiedendo il rigetto della domanda avuto riguardo al fabbricato distinto (OMISSIS), deducendo che la comunione ereditaria era limitata, oltre che al terreno, distinto al mapp. (OMISSIS), al solo appartamento sito al piano terra, in quanto quello situato al primo piano del fabbricato era intestato a lei ed al marito sin dal maggio 1962 e da allora essi ne avevano avuto la titolarità ed il possesso: in relazione a tale immobile la domanda di scioglimento della comunione era dunque infondata.

Integrato il contraddittorio con i figli dell'attrice, P.B. e S., quali coeredi del padre A., il Tribunale di La Spezia, qualificata la domanda dell'attrice come petizione ereditaria osservava che la sopraelevazione del preesistente fabbricato, sia pure realizzato con oneri esclusivi a carico della convenuta e del marito, con realizzazione dell'appartamento (OMISSIS), non aveva costituito un diritto di proprietà su tale bene, ma, eventualmente, un diritto di credito, secondo quanto previsto dagli artt. 934 c.c. e segg., diritto che non era stato azionato in via riconvenzionale nel presente giudizio e da ritenersi verosimilmente prescritto.

Affermava, peraltro, essere maturato in favore della P. e del marito l'acquisto per usucapione del bene, in virtù del possesso di tale porzione dal 1970, data in cui l'immobile era stato concesso in locazione a terzi, alla notifica dell'atto di citazione, nell'anno 2002.

Rigettava, dunque, la domanda di petizione ereditaria avente ad oggetto l'immobile al primo piano di cui al (OMISSIS).

La Corte d'Appello di Genova, con la sentenza n. 25/2013, in riforma della sentenza di primo grado, escludeva invece l'intervenuto acquisto dell'immobile al primo piano ((OMISSIS) per usucapione in capo a P.L., con la conseguenza che nel compendio ereditario doveva ritenersi compreso l'intero fabbricato, comprensivo delle due unità immobiliari, site al piano terra ed al primo piano.

La Corte riconosceva peraltro a P.L. il diritto di credito corrispondente al maggior valore acquistato dall'intero fabbricato per effetto delle sue iniziative.

Avverso detta sentenza propongono ricorso per cassazione, F.V., P.B. e S., con due motivi.

P.L. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, affidato a quattro motivi, cui i ricorrenti resistono con controricorso.

In prossimità dell'odierna adunanza, entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso principale, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 167 c.p.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3), deducendo la nullità della sentenza impugnata per avere la Corte d'Appello di Genova riconosciuto a P.L. un diritto di credito, corrispondente all'aumento di valore del fabbricato a seguito della soprelevazione effettuata a sue spese, in assenza di domanda ritualmente svolta.

Secondo la prospettazione dei ricorrenti, la P. non aveva mai formalizzato una specifica domanda riconvenzionale di rimborso delle spese sostenute per la sopraelevazione o di aumento di valore del bene, ed era anzi incorsa in decadenza ex art. 167 c.p.c., in relazione a tale domanda, che era stata addirittura esclusa in sede costituzione nel giudizio di appello.

Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità del motivo per errata indicazione del vizio dedotto.

Ai fini dell'ammissibilità del motivo, non costituisce infatti condizione necessaria la corretta menzione dell'ipotesi appropriata, tra quelle in cui è consentito adire il giudice di legittimità, purchè si faccia valere un vizio della decisione astrattamente idoneo a inficiare la pronuncia. Ne consegue che è ammissibile il ricorso per cassazione che lamenti la violazione di una norma processuale, ancorchè la censura sia prospettata, come nel caso di specie, sotto il profilo della violazione di norma sostanziale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, anzichè sotto il profilo dell'"error in procedendo", di cui del citato art. 360, n. 4 (Cass. Ss.Uu. 1370/2013).

Il motivo è fondato.

Premesso che l'indennità dovuta all'autore delle costruzioni su fondo altrui non può essere liquidata dal giudice d'ufficio, ma postula la domanda della parte, non potendo il giudice sostituirsi alla volontà dell'avente diritto, ritualmente manifestata in giudizio nelle forme richieste (Cass. 6207/1993), non risulta che P.L. abbia ritualmente proposto, nei gradi di merito, domanda di restituzione delle spese sostenute per la sopraelevazione, nè del maggior valore acquistato dal bene in conseguenza della soprelevazione medesima, effettuata su sua iniziativa (oltre che del marito deceduto).

Si osserva infatti che, secondo quanto affermato nella sentenza impugnata, la P. si era "riservata" di formalizzare la domanda riconvenzionale per il rimborso della quota delle spese affrontate per i lavori di sopraelevazione, ma detta domanda non risulta essere stata ritualmente proposta nel giudizio di primo grado.

In ogni caso, tale domanda di restituzione delle somme (e non anche di riconoscimento del maggior valore del bene), sulla quale il tribunale aveva espresso una valutazione di infondatezza, non risulta essere stata riproposta con impugnazione incidentale nel giudizio di appello.

Da ciò il vizio di ultrapetizione della sentenza, che ha riconosciuto il diritto al maggior valore del bene in assenza di specifica domanda.

Orbene, come le sezioni unite di questa Corte hanno recentemente precisato, qualora un'eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un'enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocabilmente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d'appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345 c.p.c., comma 2 (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell'art. 329 c.p.c., comma 2), o nel caso che detta eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, ne è quanto meno necessaria la riproposizione, da effettuarsi in modo espresso (Cass. Ss.Uu. 11799/2017).

Quanto al secondo motivo, avente ad oggetto la pronuncia delle spese di lite, la regolazione delle spese dell'intero processo sarà effettuata avuto riguardo al complessivo esito della controversia.

Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 934 c.c., deducendo che la sopraelevazione dell'appartamento era avvenuta, in parte, su un terreno acquistato dalla stessa ricorrente, onde, con riferimento a detta porzione, non poteva ritenersi applicabile l'accessione di cui all'art. 934 c.c..

Il motivo è inammissibile.

La ricorrente non ha infatti proposto appello incidentale avverso la statuizione della sentenza di primo grado che aveva affermato che la costruzione eretta in sopraelevazione al primo piano del fabbricato era stata acquisita in forza di accessione al patrimonio dei proprietari della costruzione originaria.

Su tale statuizione si è dunque formato il giudicato interno ed essa non può essere rimessa in discussione in questa sede.

Va pertanto rilevata l'operatività ipso iure dell'accessione in favore dei proprietari del piano terra (signori P.V.G. e C.C.), mentre un eventuale accordo diretto a costituire, in tutto o in parte, la proprietà superficiaria in capo ad un terzo, avrebbe dovuto necessariamente precedere l'edificazione della costruzione (Cass. 8662/2008).

Risulta pertanto assorbita ogni questione relativa alla proprietà del piano soprelevato, anche in relazione all'acquisto, da parte della ricorrente incidentale, di una porzione di terreno sopra il quale sarebbe stato, in parte, eretto il piano sopraelevato.

Il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4), censurando la statuizione della sentenza impugnata che ha affermato l'inammissibilità della domanda relativa all'acquisto della proprietà superficiaria dell'appartamento sito al primo piano, per tardività della stessa, omettendo di rilevare che il diritto di superficie è un diritto autodeterminato, con la conseguenza che la domanda di usucapione di un bene comprende anche quella della proprietà superficiaria.

Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 1140 c.c. e segg. e art. 1150 c.c., per aver escluso l'acquisto per usucapione dell'appartamento per cui è causa, ritenendo insufficiente la titolarità del contratto di locazione del bene, ma omettendo di esaminare gli altri fatti integranti un valido possesso ad usucapionem, dedotti in causa ed oggetto di discussione tra le parti.

Il quarto motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione dell'art. 346 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4), per aver attribuito efficacia sintomatica alla domanda proposta in separato giudizio nei confronti di P.A., ritenuta irrilevante nel giudizio di primo grado, con statuizione che non era stata impugnata.

I motivi che, in ragione dell'intima connessione, vanno unitariamente esaminati, sono infondati.

Come si è già evidenziato, la statuizione della sentenza di primo grado che ha affermato l'acquisto per accessione del piano rialzato in capo agli originari comproprietari non è stata impugnata, onde su di essa si è formato il giudicato interno.

La Corte territoriale, con adeguato apprezzamento di merito, ha inoltre ritenuto che, sulla base delle acquisizioni processuali e delle stesse deduzioni della odierna ricorrente incidentale P.L., non potesse ritenersi provato l'acquisto del bene per usucapione in capo alla medesima.

In particolare, il giudice di appello ha escluso che la titolarità di un contratto di locazione potesse integrare un atto di dominio idoneo a dimostrare un possesso ad usucapionem.

Tale statuizione è conforme a diritto.

Se, infatti, è vero che il partecipante alla comunione, il quale intenda dimostrare l'intenzione di possedere non a titolo di compossesso ma di possesso esclusivo ("uti dominus"), non ha la necessità di compiere atti di "interversio possessionis" alla stregua dell'art. 1164 c.c., il mutamento del titolo deve però consistere in atti integranti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso esclusivo ed "animo domini" della cosa, incompatibili con il permanere del compossesso altrui, mentre non sono al riguardo sufficienti atti soltanto di gestione, consentiti al singolo compartecipante o anche atti familiarmente tollerati dagli altri, o che, comportando solo il soddisfacimento di obblighi o erogazione di spese per il miglior godimento della cosa comune, non possono dare luogo ad un estensione del potere di fatto sulla cosa nella sfera di altro compossessore (Cass. 16841/2005).

In tema di comunione, infatti, non essendo ipotizzabile un mutamento della detenzione in possesso, nè una interversione del possesso nei rapporti tra i comproprietari, ai fini della decorrenza del termine per l'usucapione è idoneo soltanto un atto (o un comportamento) il cui compimento da parte di uno dei comproprietari realizzi l'impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene e, inoltre, denoti inequivocabilmente l'intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva.

Di conseguenza in assenza di tale univoco comportamento il termine per l'usucapione non può cominciare a decorrere ove agli altri partecipanti non sia stata comunicata, anche con modalità non formali, la volontà di possedere in via esclusiva (Cass. 11903/2015).

Orbene, nel caso di specie, va anzitutto rilevata, l'irrilevanza, ai fini del decorso del possesso ad usucapionem, dell'attività posta in essere dalla ricorrente (e dal marito) anteriormente all'acquisto per accessione del piano rialzato da parte dei comproprietari del piano terra.

La configurabilità del possesso ad usucapionem va infatti verificata in relazione agli atti posti in essere in data successiva all'acquisto, accertato con statuizione definitiva, del piano rialzato in capo ai proprietari del piano terra ex art. 934 c.c., in quanto idonei ad escludere il possesso di questi ultimi.

Orbene, nel caso di specie, nessuno degli elementi indicati in ricorso integra il necessario requisito del possesso esclusivo uti dominus sull'appartamento rialzato da parte di P.L., in cui tra l'altro, fino alla locazione dell'appartamento, avevano continuato a vivere anche i genitori.

Non può infatti attribuirsi tale efficacia alla intestazione dell'appartamento, nè al fatto di aver fatto fronte agli oneri economici e fiscali dello stesso, pagando le imposte dominicali anche per il periodo in cui l'immobile non era locato, stipulando in nome proprio le utenze domestiche e pagando i relativi consumi, trattandosi di atti di gestione del bene inidonei ad escludere il possesso dei comproprietari.

In particolare, non può ritenersi che una prolungata gestione del bene e la concessione dello stesso in locazione, sia idonea ad integrare un possesso esclusivo, inequivocabilmente incompatibile con le facoltà dei proprietari.

Va infine dichiarata l'inammissibilità, per difetto di decisività, del quarto motivo del ricorso incidentale, con cui si censura la statuizione della sentenza impugnata, che ha attribuito efficacia sintomatica della mancanza di animus possidendi in capo alla ricorrente incidentale in relazione alla domanda, proposta in separato giudizio, nei confronti di P.A. quale coerede.

Tale elemento non costituisce autonoma ratio decidendi ma argomentazione indicata ad abundantiam, in quanto la sentenza impugnata ha fondato la pronuncia di reiezione della domanda di usucapione della odierna ricorrente incidentale sulla mancanza di un valido possesso ad usucapionem dell'appartamento.

Tale ratio decidendi, come sopra evidenziato, non risulta adeguatamente attinta dal ricorso, dovendo confermarsi, a fronte del non contestato acquisto per accessione del bene alla proprietà originaria, la mancata prova di un possesso in via esclusiva del bene per oltre vent'anni in capo alla ricorrente incidentale.

In conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso principale, mentre il ricorso incidentale va rigettato.

Va dunque affermata la nullità per violazione dell'art. 112 c.p.c., della statuizione della sentenza impugnata che ha condannato i ricorrenti principali al pagamento in favore della P. dell'aumento di valore del bene, in conseguenza dei lavori effettuati.

Considerato inoltre che non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con accoglimento della domanda spiegata da F.V., P.B. e S. e dichiarazione che il compendio oggetto di causa è costituito dal fabbricato indicato al NCEU al fg. (OMISSIS) mapp.(OMISSIS).

Considerate le ragioni della decisione e la controvertibilità delle questioni trattate, va disposta l'integrale compensazione tra le parti delle spese dell'intero giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo.

Rigetta il ricorso incidentale e, decidendo la causa nel merito, dichiara che il compendio oggetto di causa è costituito dall'intero fabbricato sito in (OMISSIS) e censito al NCEU di Lerici al fg. (OMISSIS) mapp. (OMISSIS).

Rigetta la domanda di usucapione proposta dalla ricorrente incidentale. Spese compensate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2018


Avv. Francesco Botta

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